La forma del tempo
A Gravedona, in provincia di Como, sul lato sud della chiesa di San Vincenzo, in prossimità del lago omonimo, tre antichi orologi solari offrono l’occasione, particolare e unica, di confronto tra differenti sistemi orari.
Sui tre diversi quadranti, il variare dell’ombra proiettata dal sole, da la dimensione del tempo, cui gli uomini hanno dato forma, di volta in volta differente, adattandola ogni volta alle proprie esigenze.
Due quadranti, prima del restauro, erano in pessime condizioni: scoloriti dal sole, consumati dal tempo e dimenticati dagli uomini. Entrambi mostrano il tempo misurato con l’antico sistema orario italico, in due diverse varianti.
Il terzo orologio solare, ancora in buone condizioni, si trova poco distante, sulla parete di una villa in riva al lago e mostra come il tempo veniva misurato poco dopo l’unità del regno d’Italia. Quando per la prima volta, tutte le ore delle città italiane, furono unificate all’ora di Roma.
Qui, in poche decine di metri, ci si ritrova come in una sorta di varco temporale, nel quale è possibile osservare, contemporaneamente, differenti forme del tempo, utilizzate nei secoli che ci hanno preceduto.
Posizionamento delle meridiane
Orologi solari a ore italiche
Il sistema orario chiamato a ore “temporarie” o “bibliche”, utilizzato fin dall’epoca romana, fu sostituito intorno al 1200 da un altro sistema orario, che nella penisola italica si diffuse a tal punto da prendere il nome di “sistema orario italico”.
Questo sistema orario, seguendo la tradizione “biblica”, poneva la fine del giorno e l’inizio del successivo, ovvero l’ora ventiquattresima, al tramonto del sole, indifferentemente, sia in inverno che in estate, seguendo giorno per giorno l’istante mobile del tramonto lungo l’arco delle stagioni, con l’alba e il mezzogiorno che avvenivano, ogni giorno, ad un ora diversa con il variare delle stagioni.
Questo sistema orario, che oggi può sembrare alquanto bizzarro, consentiva di conoscere quante ore di luce si avevano ancora a disposizione prima del buio, un’informazione di enorme importanza per la società di quell’epoca, praticamente ancora priva della luce artificiale e che dipendeva dai ritmi naturali del giorno e della notte.
Verso la fine del 1600 si diffuse una seconda versione chiamata “sistema orario italico da campanile”, la quale poneva la ventiquattresima ora non al tramonto del sole, ma 30 minuti dopo, alla fine del crepuscolo, quando inizia la notte.
Questi sistemi orari furono utilizzati fino al XIX secolo, nonostante nel 1786, un editto austriaco li mise al bando, in favore del sistema orario “alla francese”.
Persino gli orologi meccanici delle torri e dei campanili venivano periodicamente regolati in modo tale che la ventiquattresima ora coincidesse sempre con il tramonto del sole, i loro quadranti avevano una sola lancetta ed erano suddivisi in ventiquattro ore.
Un bellissimo esempio di un orologio meccanico a ore italiche è stato affrescato nel 1443 da Paolo Uccello, all’interno del duomo di Firenze, e su questo quadrante la lancetta si muove ancora in senso antiorario, riproducendo il movimento dell’ombra di uno gnomone su un orologio solare.
Anche molti dei complessi orologi astronomici che fanno bella mostra di sé in alcune delle nostre città, hanno il quadrante con la ventiquattresima ora posizionata orizzontalmente a destra, proprio come nei quadranti degli orologi solari a “ora italica”.
Orologio astronomico della torre dei mori a Venezia con la “XXIIII” ora sulla destra del quadrante
Essendo diffusa in tutta Europa, l’ora detta “alla francese”, questo atipico modo di misurare il tempo, lasciava confusi i viaggiatori del “Grand Tur” che soggiornavano nel nostro paese, e ne è una bella testimonianza la descrizione che Goethe fa dell’ora italica, dove insieme alla sorpresa ne manifesta l’apprezzamento:
Johann Wolfgang Goethe
“ricordi di viaggio in Italia nel 1786-87”:
“Verona 17 settembre 1786”
“… mentre noi, abitatori delle regioni settentrionali, sappiamo a mala pena che cosa propriamente sia il giorno. Immersi di continuo nell’oscurità e nella nebbia, ci è pressoché indifferente si(a) giorno o notte, … Qui per contro, quando scende la notte è finito il giorno, … suonano le ventiquattro, si comincia una nuova numerazione delle ore; suonano le campane, si recita il rosario, … Questo momento cangia in ogni stagione dell’anno, e l’uomo che qui vive, non può cadere in errore al riguardo, poiché ogni soddisfazione della sua esistenza non è regolata già delle ore, ma bensì dalla luce del giorno. Se si volesse costringere questo popolo a contare le ore alla nostra foggia, lo si caccerebbe nella confusione, poiché il suo metodo è pienamente conforme alla sua natura”.
L’ultima considerazione, appare quasi premonitrice, riguardo al cambio di sistema orario, avvenuto nei vari stati della penisola italica tra la seconda metà del settecento e i primi dell’ottocento. Un passaggio traumatico e osteggiato, come testimoniato dalle parole di una parmense, cugina di Giacomo Casanova, dopo l’imposizione dell’uso dell’ora “alla francese”:
Giacomo Casanova
“storie della mia vita”
“ … Siamo ridotti in uno stato di confusione incredibile. Da tre mesi non c’è più nessuno a Parma che sappia l’ora. Da che mondo è mondo il sole è sempre tramontato alle ventitré e mezzo e alle ventiquattro si è sempre recitato l’Angelus … Adesso, non si capisce più nulla. Il sole è ammattito, tramonta ogni giorno a un’ora diversa … Chiamano questo un regolamento, ma sa perché? Perché adesso tutti sanno che pranzano alle dodici. Bel regolamento! Ai tempi dei Farnese si mangiava quando si aveva fame, ed era molto meglio.”
Intervento di restauro e ripristino funzionale
eseguito con la supervisione della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Sondrio.
Grazie all’impegno e contributo della sig.ra M. G. Rezia
Essendo, i due quadranti affrescati su edifici religiosi realizzati dal 1000 al 1600, ed essendo sottoposti al vincolo di tutela, l’intervento di restauro e ripristino funzionale, ha fruito dell’assistenza e supervisione della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Sondrio.
Il restauro effettivo dei quadranti è stato eseguito dalla restauratrice di beni culturali Dott.ssa Mariachiara Fois. Che si è occupata dell’analisi delle superfici e della loro pulitura; della successiva stuccatura e stesura delle velature di colore a calce, riprodotte sulla base delle tracce ritrovate; e infine della tracciatura delle linee, riprendendo le incisioni originarie.
Orologio solare orientato a est
Sistema orario italico
Stato di conservazione
Il quadrante situato sulla parete est dell’oratorio di San Michele, largo 182 cm e alto 151 cm, appariva in cattivo stato di conservazione, con la superficie deteriorata e rare tracce di colore ancora presenti in alcune delle incisioni; con lo gnomone mancante (l’asta in acciaio, la cui ombra funge da lancetta sul quadrante) e la sovrapposizione di un pluviale per lo scolo dell’acqua piovana dal tetto.
Il quadrante presentava una superficie ondulata e irregolare, con un notevole numero di tracce di linee orarie, riconducibili a due diversi sistemi orari, sovrapposti in epoche differenti.
Ripristino funzionale
La mancanza di planarità del quadrante e l’incertezza delle linee orarie hanno reso alquanto difficoltoso l’accertamento della correttezza del tracciato e anche la fase di riprogettazione inversa, indispensabile per ricostruire la posizione e le dimensioni originarie dello gnomone.
La media dei rilievi ha evidenziato un orientamento del quadrante di 90°13′ verso est. Successivamente, l’analisi delle incisioni, confrontate con questo dato ha permesso di risalire alla lunghezza di 37 cm dello gnomone e di identificare l’antico sistema orario italico con le linee incise nella calce dell’intonaco, quando era ancora fresco, e, in seguito, cancellate per mezzo della stesura di un grassello di calce, in favore dalla successiva sovrapposizione del sistema orario italico da campanile, tracciato mediante leggere incisioni delle linee orarie sul vecchio quadrante.
Si è scelto di riportare alla luce il più antico sistema orario italico, in quanto, il lavoro del tempo e gli agenti atmosferici hanno pesantemente deteriorato il più recente sistema orario italico da campanile, evidentemente dipinto a secco, e fatto riapparire il tracciato più antico, inciso sul quadrante ancora fresco.
Orologio solare a ore italiche, inizia a contare le ore partendo dal tramonto del sole fino al tramonto del giorno successivo.
In questo tipo di meridiane, l’indicazione dell’ora viene data solo dall’ombra della punta dell’asta in acciaio. Durante la giornata, l’ombra della punta dello gnomone scorre sul quadrante, toccando le linee orarie, indicando così quante ore sono trascorse dal tramonto del giorno precedente e per semplice sottrazione, quante ore di luce si hanno ancora a disposizione, prima del tramonto successivo.
Su questo quadrante, orientato praticamente a est, manca la linea meridiana, in quanto il quadrante stesso corrisponde al piano del meridiano.
Comparazione tra i tracciati orari presenti, contenenti linee non molto precise e il tracciato corretto.
Sul quadrante, si possono distinguere: la linea dell’orizzonte; la linea inclinata equinoziale che viene percorsa dall’ombra della punta dello gnomone nei giorni di equinozio, e, cosa molto importante, soprattutto l’equinozio di primavera; che determina, per la liturgia cattolica, la data della Pasqua. Anche se non era più possibile intravedere i numeri delle ore, le linee orarie sono state completate con la regolare numerazione per permettere una più agevole lettura dello strumento. Sono ancora visibili, i pochi tratti delle incisioni del più recente sistema orario italico da campanile.
Orologio solare orientato a sud
Sistema orario italico da campanile
Stato di conservazione
Il quadrante situato sulla parete sud della chiesa parrocchiale di San Vincenzo, largo 200 cm e alto 210 cm, appariva anch’esso in un cattivo stato di conservazione, con la superficie deteriorata e rare tracce di colore ancora presenti in alcune delle incisioni; con lo gnomone (l’asta in acciaio, la cui ombra funge da lancetta sul quadrante) ancora in sede ma piegato.
Anche questo quadrante si presentava senza una regolare planarità.
Ripristino funzionale
La mancanza di planarità della superficie, che ha reso difficoltoso determinare con correttezza l’orientamento del quadrante, è forse alla base dell’errore con cui è stato disegnato il diagramma originale. Infatti la media dei rilievi effettuati ha evidenziato un orientamento della superficie di 0°10’45” verso ovest, si tratta praticamente una facciata rivolta quasi perfettamente a sud, esattamente in linea con l’asse della chiesa, edificata sulla direttrice est ovest. Mentre l’analisi del diagramma originale ha evidenziato un tracciato disegnato per un orientamento di 04°05′ verso ovest.
Il restauro del quadrante è comunque proceduto preservando invariato il diagramma originale, mantenendo di conseguenza anche gli errori cronometrici derivanti da tale inconveniente. Ritenendo preminente conservare inalterata un’opera antica, cogliendo anche l’occasione per sottolineare come, all’epoca, il tempo fosse misurato e accettato in modo decisamente più approssimativo di oggi.
Lo gnomone ancora presente, sporgente 36,5 cm, realizzato in ferro battuto a sezione quadrata, 10 x 10 millimetri, con decori a torciglione, è stato riposizionato cercando di mediare tra la posizione ideale del diagramma errato e quella di un diagramma corretto, in modo da limitare gli errori cronometrici.
Orologio solare a ore italiche da campanile, inizia a contare le ore partendo dall’inizio della notte fino all’inizio della notte successiva.
In questo tipo di meridiane, l’ora viene indicata unicamente dall’ombra della punta dell’asta metallica dello gnomone. Durante la giornata, l’ombra dello stilo scorre sul quadrante, toccando, con la sua punta, le linee orarie; indicando così quante ore sono trascorse dall’inizio della notte precedente e, per semplice sottrazione, quante ore di luce si hanno ancora a disposizione, prima della notte successiva.
Essendo, questo quadrante, orientato a sud, è presente la linea meridiana, contraddistinta con la lettera “M”. L’ombra della punta dello gnomone, passando sulla linea meridiana, indica l’istante del passaggio del sole sul meridiano di Gravedona.
Comparazione tra il tracciato orario presente non molto corretto e il virtuale tracciato esatto.
Sul quadrante, oltre alle linee del sistema orario italico da campanile, si possono distinguere: la linea dell’orizzonte la linea equinoziale, leggermente inclinata, che viene percorsa, dalla punta dell’ombra dello gnomone, nei giorni di equinozio; e, soprattutto, nel giorno dell’equinozio di primavera, particolarmente rilevante, per la liturgia cattolica, in quanto determina la data della Pasqua.
Orologio solare riferito al tempo medio di Roma
Descrizione
Orologio solare realizzato su parete orientata leggermente ad ovest, progettato per indicare il tempo medio di Roma mediante linee lemniscate tracciate ogni mezz’ora. Si presenta con un quadrante sdoppiato: a sinistra il quadrante da leggere in inverno e in primavera; a destra il quadrante da leggere in estate e in autunno. Entrambi i quadranti sono dotati di gnomoni con foro stenopeico.
Sull’orologio solare non è presente la data di costruzione. Ma il suo particolare diagramma orario, tracciato per indicare il tempo medio di Roma, fa risalire la sua realizzazione al periodo storico compreso tra il 1866, anno in cui il neonato regno d’Italia adottò il tempo medio di Roma, unificando per la prima volta tutte le ore delle città italiane all’ora di Roma, e il 1893, anno in cui l’Italia aderì alla convenzione dei fusi orari internazionali, uniformando il proprio sistema orario al tempo medio dell’Europa centrale.
Può essere considerato un orologio solare moderno, in quanto non indica più l’ora solare del luogo ma un’ora stabilita per convenzione, per adattarsi agli orologi meccanici e alle mutate esigenze della società e dell’economia che si stavano trasformando da agricole a industriali.
Cenni storici
In passato, solitamente, gli orologi solari misuravano l’ora solare vera del luogo, in base all’apparente movimento del sole nel cielo, che durante la giornata passa sui meridiani delle diverse città. Per esempio quando il sole è sul meridiano di Milano, segna il mezzogiorno solare vero di questo luogo, mentre a Trieste situato più ad est, il mezzogiorno è già trascorso; invece a Torino, posto più a ovest avverrà più tardi di Milano. Per questo motivo la vera ora solare indicata sulle antiche meridiane viene definita “ora vera locale”, in quanto risulta uniforme solo per le località situate sullo stesso meridiano ma cambia rispetto a località poste su altri meridiani.
Nel XVII secolo, con l’avvento di orologi meccanici sufficientemente precisi, ci si rese conto che il giorno solare non era sempre di ventiquattro ore esatte, ma a seconda delle stagioni subiva delle variazioni giornaliere anche di 20, 30 secondi.
Di conseguenza, si il passaggio del sole sul meridiano che per lo stesso effetto anche tutte le ore, erano soggetti a delle regolari fluttuazioni cicliche, causate principalmente dall’orbita ellittica della terra intorno al sole e dalla velocità variabile con cui la terra la percorreva. Fluttuazioni che, sommandosi, arrivavano ad oscillare sistematicamente, secondo le stagioni, di circa 14 minuti di anticipo e 16 minuti di ritardo. Per rimediare a tale inconveniente, si concepì un “tempo medio” che fosse possibile misurare con gli orologi meccanici; immaginando un sole virtuale che si muovesse regolarmente tutto l’anno e annullasse queste fluttuazioni. La differenza tra l’ora solare vera e il tempo medio indicato dall’orologio meccanico venne chiamata “equazione del tempo medio”.
In passato, su apposite linee meridiane e, in alcuni quadranti di orologi solari di buona fattura, l’anticipo e il ritardo del sole virtuale, veniva indicato direttamente sulla linea del mezzogiorno vero locale, per ogni mezzogiorno dell’anno. Ottenendo una sorta di otto allungato chiamato “lemniscata” o “curva dell’equazione del tempo medio”, che, sviluppando due linee sovrapposte, doveva essere letta in modo da prendere in considerazione la traccia dal solstizio invernale a quello estivo nella stagione invernale e primaverile, mentre la traccia dal solstizio estivo a quello invernale nella stagione estiva e autunnale.
Finché i viaggi e le comunicazioni furono lente e paragonabili ancora a quelle medioevali, il tempo medio restò un’ora locale, che cambiava con il variare della longitudine, in quanto, ogni città aveva un suo tempo, regolato sul meridiano del luogo. Ma nel XIX secolo, con lo sviluppo delle ferrovie e dei telegrafi, che rendevano più veloci i rapporti, anche tra le città più lontane, la differenza dei tempi locali poneva dei problemi.
Meridiana del duomo di Como con linea lemniscata per il tempo medio sovrapposta alla linea meridiana.
In Italia, poco dopo la sua unificazione avvenuta nel 1861, esistevano diversi orari ferroviari, che si decise di unificare nel 1866, adottando il tempo medio di Roma (e prendendo come riferimento il primo meridiano d’Italia posto a 12°27’08,4” est di Greenwich). La scelta del meridiano di Roma, non ostante Roma non facesse ancora parte del regno, fu dovuta alla sua posizione centrale, oltre che a ragioni politiche.
Il tempo medio di Roma entrò in vigore il 12 dicembre di quell’anno, per le ferrovie, le poste e i telegrafi. Inoltre, sia per motivi patriottici, quanto per ragioni pratiche l’ora di Roma fu adottata anche nella vita pubblica e privata, divenendo di fatto un’ora nazionale.
L’ultima modifica apportata al nostro sistema orario fu l’adesione alla convenzione internazionale dei fusi orari, stabilita nel 1884, a cui l’Italia aderì nel 1893. L’Italia, come gran parte dell’Europa, assunse come ora ufficiale il tempo medio dell’Europa centrale, basato sul quindicesimo meridiano est di Greenwich.
Si tratta dell’ora che ancora oggi utilizziamo in inverno e comunemente chiamiamo “ora solare”, in quanto, anche se di fatto è un’ora convenzionale, rimane la più prossima all’ora solare vera, soprattutto se paragonata all’ora legale estiva.
Lettura dell’ora
I due quadranti sono stati realizzati per facilitare in tutti i modi la lettura delle ore, tralasciando particolari superflui alla loro funzione cronometrica o qualsiasi riferimento astronomico, mancando la linea degli equinozi e la linea meridiana.
Le linee orarie sono tracciate con un passo di mezz’ora, indicando nella parte bassa del quadrante le linee orarie con numeri romani e le mezze ore con un semplice punto. Ogni linea oraria è stata tracciata per seguire la curva di equazione del tempo medio, che si sviluppa in una curva sinusoidale, che si allunga e si deforma, in conformità alla proiezione della sfera celeste sul piano verticale del quadrante. Quando vengono tracciate le lemniscate a meno di un’ora una dall’altra, come in questo caso, solitamente si adotta la soluzione di dividere l’orologio solare in due quadranti – uno da leggere in estate / autunno e uno da leggere in inverno / primavera – in modo dividere ogni lemniscata in due parti ed evitare che si sovrappongano creando confusione nella lettura dell’ora.
Il punto di luce che viene lasciato filtrare dal foro stenopeico (del disco metallico dello gnomone), indica l’ora come se si trattasse di una lancetta che durante la giornata si muove sul quadrante, con la particolarità, rispetto ad una comune lancetta, che con il passare dei giorni, accorcia la sua distanza dallo gnomone, fino a percorrere nei giorni di solstizio invernale il margine superiore delle linee orarie e si allontana dallo gnomone nella bella stagione, fino a percorrere il margine inferiore delle linee orarie nei giorni di solstizio estivo. Lo gnomone a foro stenopeico viene solitamente scelto in quanto la macchia luminosa che indica l’ora risulta meno sfuocata, e quindi più precisa dell’ombra generata dal tradizionale gnomone. L’intero quadrante può essere considerato come uno specchio matematico del cielo, attraverso il quale è proiettata l’immagine capovolta della parte di eclittica che sta di fronte allo strumento, mentre il punto luminoso che indica le ore rappresenta il sole nella sua posizione e il suo apparente percorso nel cielo.
Confronto dell’orologio solare con il nostro attuale fuso orario
La cartina qui sotto mostra la distanza di longitudine tra il meridiano di Roma (12°27’08,4” est di Greenwich), per il quale è stato progettato l’orologio solare, e il 15° meridiano Est, Che è il riferimento del nostro attuale fuso orario. Una distanza in longitudine di 2°32’52”, che apparentemente il sole percorre nel cielo in 10 minuti e 11 secondi, quindi, il sole sorge, culmina a mezzogiorno e tramonta a Roma 10 minuti e 11 secondi più tardi del nostro meridiano di riferimento.
Per poter confrontare la precisione dell’orologio solare, progettato per indicare il tempo medio di Roma, con il nostro attuale sistema orario basato sul 15° meridiano est, si devono aggiungere 10 minuti e 11 secondi al tempo indicato dall’orologio solare. Ovvero, ipotizzando che il punto luminoso cada sulla linea delle ore 11.00, il nostro orologio da polso dovrà (se ben sincronizzato) segnare le 11.10 e 11 secondi; se il punto luminoso indica le ore 11.30′ il nostro orologio da polso dovrà segnare le 11.40 e 11 secondi, e così via anche per tutte le altre linee orarie. Aggiungendo un’ora in più quando è in vigore l’ora legale.
Quasi affiancati uno all’altro, i due orologi solari a ore italiche, semplici, senza decorazioni, essenziali nella loro scansione delle ore. Sono due quadranti ben lontani dalla nostra concezione moderna di tempo, nei quali si materializza una forma di tempo sommario, molto naturale, misurato e accettato con molta approssimazione. Non sono opere di molto valore in sé, ma estremamente importanti per la loro storia e la nostra. Rappresentano il simbolo di una civiltà contadina e di intere comunità che per secoli hanno scandito la loro vita con il variare del giorno e della notte, al ritmo naturale delle stagioni.
A poca distanza è collocato un altro orologio solare, quasi antitetico rispetto ai primi, frutto della rivoluzione industriale; anch’esso senza decorazioni, sobrio, il cui quadrante solo per praticità è diviso secondo le stagioni, ma che all’astronomia e alla liturgia non concede nulla. Un quadrante in bianco e nero, perfettamente planare, spogliato dalla linea degli equinozi e dalla linea meridiana, la cui funzione è solamente quella di scandire, con fredda precisione, ogni trenta minuti, una forma di tempo che per la prima volta sia conforme a tutto il resto del regno d’Italia e dal quale emerge il passaggio ai tempi moderni, una forma di tempo artificiale, trasformato in un costo e in un valore da poter commerciare.